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Category: Cloud

Design for failure

Design for failure

“Scusa ma non siamo capaci di offrirti la stabilità di cui hai bisogno, potresti pensarci tu?”

(Anonimo Cloud-Eretico sul Design for Failure)

C’erano una volta… gli sviluppatori, e le applicazioni. Gli sviluppatori si concentravano sul codice, dando per scontata la stabilità e la scalabilità dell’infrastruttura sottostante: usavano query SQL indescrivibili, ed era compito del sistemista farle girare velocemente, scrivevano codice senza gestione delle eccezioni perchè era compito del sistemista far si che quel determinato database server fosse sempre disponibile e non restituisse mai errori. Scrivevano software impossibile da distribuire su più macchine perchè tanto il sysadmin, in qualche modo, avrebbe fatto.

La colpa di ogni rallentamento o malfunzionamento di chi era? Del sistemista. Questo ha portato chi si occupa di infrastrutture a progettare soluzioni sempre più avanzate per far sopravvivere l’applicativo alle più inimmaginabili catastrofi, senza che questo subisse mai malfunzionamenti. Qualunque disgrazia fosse accaduta alle macchine che la servivano, l’applicazione sarebbe dovuta rimanere in piedi e funzionante.

Va detto che ci siamo (quasi) riusciti. Grazie alla virtualizzazione siamo arrivati a creare quello che è a tutti gli effetti hardware indistruttubile: la macchina fisica è diventata virtuale e quella virtuale sappiamo muoverla tra diversi nodi senza spegnerla, al solo costo di qualche millisecondo di freeze.

Abbiamo così creato piattaforme che astraevano quasi completamente la complessità sottostante, usando processori virtuali che restavano disponibili anche se quelli fisici prendevano fuoco e dischi virtuali che continuavano a servire dati anche se l’intero rack di storage veniva rubato dagli alieni.

Questa soluzione non era però ottimale: la replica sincrona, per esempio, era possibile solo in ristretti contesti geografici. Il costo di queste soluzioni era spesso proibitivo, e la loro complessità alta e non necessaria. Queste strutture, per quanto immortali potessero essere, erano sempre sotto la stessa autorità amministrativa. Tutto per non dare agli sviluppatori un compito in più: gestire la disponibilità dell’applicazione.

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(Anonimo Cloud-Eretico che non ha compreso il ‘Design for Failure’)

Poi è arrivata una nuova generazione di developers: sviluppatori che volevano più controllo, volevano poter decidere come l’applicazione avrebbe reagito a malfunzionamenti dell’infrastruttura, e soprattutto si rifiutavano di pagare al fornitore complessi meccanismi di failover perchè… non ne avevano bisogno. Sapevano fare di meglio e sapevano farlo in modo più economico ma soprattutto più effettivo, più semplice.

Questi sviluppatori non chiedevano più a chi vendeva infrastrutture hardware immortale, chiedevano semplicemente del ferro: di qualunque tipo, prestazioni, forma, colore e dimensione, ed in ogni luogo. Si sarebbero occupati loro di inoltrare meno richieste ai processori meno potenti, di tenere in RAM i dati se i dischi della macchina erano troppo lenti. Si sarebbero curati loro di evitare di interrogare un database server che non rispondeva più ai comandi.

Volevano occuparsi, soprattutto, delle azioni di disaster recovery nel caso in cui un intero datacenter fosse andato a fuoco. Perchè nessuno meglio dello sviluppatore può sapere come deve reagire una applicazione a determinati eventi e di cosa questa ha bisogno.

Hanno poi iniziato a chiamarlo ‘Design for Failure’. La disponibilità non è più compito di chi gestisce l’infrastruttura: è l’applicazione ad esser progettata per far fronte a ogni evento o disgrazia, e la struttura sottostante fa solo il sollevamento pesi.

Nel modello ‘Design for Failure’ ognuno fa il suo lavoro: lo sviluppatore conosce l’applicazione e si occupa di farla funzionare, il gestore dell’infrastruttura si occupa delle prestazioni ma non si infila più in infiniti tunnel senza uscita per garantirne la disponibilità. Tutti risparmiano, perchè è tutto più semplice, con meno sovrapposizioni. Tutti vincono: perde solo chi non ha voglia di innovare.

Ecco perchè questo modello non è un fallimento, come tanti lo descrivono: è il futuro.

Anche i più grandi tra i grandi…

Anche i più grandi tra i grandi…

…eh si, volano giù

Sono un Google-Lover. Da quando esiste, ho spostato tutte le mie applicazioni su Google App Engine. Non mi dilungo nei dettagli, ma la struttura fa impressione: scala senza il minimo problema, sia per quanto riguarda la parte web che la parte db/storage, e non ha i limite che ha Amazon AWS. Ho fatto diversi test sul servizio, se a qualcuno interessano potrei pubblicare un post descrivendone i risultati.

Torniamo al down: il 24 Febbraio stavo lavorando ad una mia applicazione basata su GAE, quando, intorno alle 17.00, tutte le richieste hanno iniziato a finire in timeout. Appena il tempo di realizzare (ho impiegato 30 minuti per convincermi che il servizio era veramente down) e il mio aggregatore mi segnala un nuovo post nel gruppo GAE Downtime Notify di Google in cui vengono pubblicate informazioni sui down previsti e su quelli un pò meno previsti. Sono circa le 17.30.

Il suo contenuto è:

Since 7:53am PST, App Engine has been experiencing an unexpected outage affecting the majority of App Engine applications.  The team is working quickly to correct the cause and will have an ETA on the fix shortly.

Please watch this thread for updates. We sincerely apologies for the inconvenience.

Il servizio rimane KO, e alle 18.30 circa ricevo un confortante aggiornamento:

We are still actively working on the on-going outage.  We’ve also experienced a problem with our backup datacenter. We will continue to provide status updates on this thread every thirty minutes.

Il messaggio mi informa che stanno lavorando al problema, ma che ci sono altri problemi con il datacenter secondario (su cui, probabilmente, avevano pianificato di swappare il traffico in caso di failure del primario).

Dopo altri 20 minuti, alle 18.50 (o qualcosa di simile) la mia applicazione riprende a rispondere, ma segnala che il DataStore è in read-only. Un nuovo post conferma quanto ho appena notato:

As of 9:48am, all applications should now be available in read-only mode.

Aspetto altri 20 minuti e tutto torna a funzionare normalmente, anche se in modo estremamente lento. Probabilmente -penso- sono partiti tutti i processi cron schedulati durante il down.

Arriva un nuovo update:

As of 10:09am, all application should be serving traffic and successfully reading/writing from the datastore.  Again, apologies for the inconvenience of the outage.  We will follow up with a post-mortem.

Per me si chiude qui, nel senso che dalle 19.30 più o meno, lentezza a parte, riprende a funzionare tutto. Per altri utenti no, Google infatti parla di problemi ancora presenti su “a small percentage of datastore entity groups”. Più tardi, in una rettifica, parleranno di problemi di inconsistenza del DataStore per circa 25 applicazioni.

La sera del 25 Febbraio (il giorno dopo) Google pubblica un aggiornamento:

We continue to work diligently in the wake of yesterday’s unforeseen App Engine outage on a number of issues, so we wanted to provide you an update with our current list of tasks.

– Applications will not be charged for any App Engine resource usage that occurred during Feb 24th, 2010.

– We are still working on fix for writes and transactional reads affecting a small number of datastore entity groups.  We have determined that approximately 25 application IDs have been affected by this issue.  If you feel you are having difficulties with certain entity groups in your application, please respond to this thread with your App ID.

– We are working hard on putting together a detailed post mortem that we will be making public.  We expect to have this available to you next week.

Again we sincerely apologize for yesterday’s service disruption.  We take App Engine’s reliability very seriously and we are confident we can use the hard lessons learned from yesterday’s event to improve our offering to you.

Attendo il post-mortem fino al 5 Marzo, quando, finalmente, ricevo la tanto attesa mail. Inizia con un riepilogo sul downtime:

On February 24th, 2010, all Googe App Engine applications were in varying degraded states of operation for a period of two hours and twenty minutes from 7:48 AM to 10:09 AM PT | 15:48 to 18:09 GMT.

The underlying cause of the outage was a power failure in our primary datacenter. While the Google App Engine infrastructure is designed to quickly recover from these sort of failures, this type of rare problem, combined with internal procedural issues  extended the time required to restore the service.

Parla di “internal procedural issues”, “problemi nelle procedure interne” meglio descritti poco sotto:

– Although we had procedures ready for this sort of outage, the oncall staff was unfamiliar with them and had not trained sufficiently with the specific recovery procedure for this type of failure.

– Recent work to migrate the datastore for better multihoming changed and improved the procedure for handling these failures significantly. However, some documentation detailing the procedure to support the datastore during failover incorrectly referred to the old configuration. This led to confusion during the event.

– The production team had not agreed on a policy that clearly indicates when, and in what situations, our oncall staff should take aggressive user-facing actions, such as an unscheduled failover.  This led to a bad call of returning to a partially working datacenter.

– We failed to plan for the case of a power outage that might affect some, but not all, of our machines in a datacenter (in this case, about 25%). In particular, this led to incorrect analysis of the serving state of the failed datacenter and when it might recover.

In breve (ed in italiano): lo staff oncall non era pronto a far fronte a questo tipo di problemi. La documentazione di supporto, si riferiva ad una versione obsoleta del sistema (e probabilmente totalmente incompatibile, perchè è stato recentemente aggiornato il sistema di replicazione del DS), e i tecnici che avrebbero dovuto iniziare il failover si sono trovati davanti a due procedure contrastanti senza sapere quale utilizzare.

I sistemi di controllo interni hanno poi segnalato come utilizzabile un datacenter che non lo era, poichè non erano studiati per considerare una perdita di alimentazione parziale e non totale. Lo staff, infine, dopo aver tentato, con esito negativo, di spostare il traffico in read-only sul datacenter secondario, ha deciso di girare di nuovo il tutto sul primario, credendo, erroneamente, che stesse tornando online.

Dalla cronologia, riportata in calce al post mortem,  scopro in dettaglio cosa è successo durante le due ore di down (riporto gli orari originali, tenete conto che noi siamo avanti di 9 ore):

Alle 7.48 si iniziano a riscontrare errori nel traffico servito dal DC primario. Alle 7.53 i “Google Site Reliabilty Engineers” segnalano che nel DC c’è stata una perdita di alimentazione, e che a causa di un problema con l’alimentazione secondaria circa il 25 % dei server sono in crash.

Alle 8.01 viene confermato che GAE è down. Viene deciso di darne comunicazione ufficiale agli utenti. Alle 8.22 viene confermato che diverse macchine non sono ripartite, e che il cluster GFS e BigTable non sono funzionanti a causa dell’alto numero di server persi. Si decide di avviare la procedura di failover verso il DC secondario.

Alle 8.40 viene scoperto un conflitto nella documentazione sulle procedure di failover. Non potendo decidere quale fosse la procedura da utilizzare, gli ingegneri decidono di contattare la persona responsabile del cambio di procedura. Alle 8.44, mentre una parte dello staff sta ancora lavorando alla procedura di failover, si tenta di servire il traffico in sola lettura dal DC primario. Un problema nella configurazione, però, impedisce al DC secondario di servire il traffico.

Alle 9.08, mentre parte dello staff sta tentando di risolvere il problema di configurazione nel DC secondario che impedisce di servire le richieste e un’altra parte sta ancora lavorando alla procedura di failover, il “Primary OnCall Engineer” ritenendo che il DC primario fosse tornato completamente operativo e pronto a servire tutte le richieste, avendo in mano dati dei sistemi di diagnosi che confermavano ciò, senza sapere però che non era mai usccesso prima che un DC dopo un danno simile tornasse utilizzabile, devia nuovamente il traffico su quest’ultimo, nel tentativo di far tornare online il servizio.

Alle 9.18 si rendono conto che il DC primario non è tornato online, e che non può servire il traffico. Si concentrano quindi gli sforzi sul DC secondario, si devia nuovamente lì tutto il traffico e si inizia la procedura di failover.

Alle 9.35 viene raggiunto un ingegnere con esperienza nella procedura e si inizia il failover. Alle 9.48 il DC secondario inizia a servire le richieste in read-only.

Alle 9.53 viene confermata la corretta procedura di failover per il read-write, e si avvia il processo.

Alle 10.09 il processo termina, ed il traffico riprende ad essere servito normalmente. Google App Engine da questo momento è considerato online.

Il post-mortem contiene anche una serie di correzioni che Google intende attuare per evitare il ripetersi di casi simili:

As a result, we have instituted the following procedures going forward:

– Introduce regular drills by all oncall staff of all of our production procedures. This will include the rare and complicated procedures, and all members of the team will be required to complete the drills before joining the oncall rotation.

– Implement a regular bi-monthly audit of our operations docs to ensure that all needed procedures are properly findable, and all out-of-date docs are properly marked “Deprecated.”

– Establish a clear policy framework to assist oncall staff to quickly and decisively make decisions about taking intrusive, user-facing actions during failures. This will allow them to act confidently and without delay in emergency situations.

We believe that with these new procedures in place, last week’s outage would have been reduced in impact from about 2 hours of total unavailability to about 10 to 20 minutes of partial unavailability.

In response to this outage, we have also decided to make a major infrastructural change in App Engine. Currently, App Engine provides a one-size-fits-all Datastore, that provides low write latency combined with strong consistency, in exchange for lower availability in situations of unexpected failure in one of our serving datacenters. In response to this outage, and feedback from our users, we have begun work on providing two different Datastore configurations:

– The current option of low-latency, strong consistency, and lower availability during unexpected failures (like a power outage)

– A new option for higher availability using synchronous replication for reads and writes, at the cost of significantly higher latency

We believe that providing both of these options to you, our users, will allow you to make your own informed decisions about the tradeoffs you want to make in running your applications.

Termina con delle scuse:

We sincerely apologize for the impact of Feb 24th’s service disruption on your applications. We take great pride in the reliability that App Engine offers, but we also recognize that we can do more to improve it. You can be confident that we will continue to work diligently to improve the service and ensure the impact of low level outages like this have the least possible affect on our customers.

Un down, prima o poi capita a tutti. Per quanto mi riguarda, rinnovo la mia fiducia nella grande G.

Giorgio