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La trasparenza dell’Agenzia delle Entrate in tema di Fattura Elettronica

La trasparenza dell’Agenzia delle Entrate in tema di Fattura Elettronica

Volendo fare luce su alcune delle scelte tecnologiche effettuate in tema di “Sistema di Interscambio” (Fattura Elettronica), come avevo anticipato nel precedente post sull’argomento (se non lo avete già letto lo trovate qui), un gruppo di professionisti si è riunito ed inviato, sia a Sogei (società che gestisce la piattaforma) che ad Agenzia delle Entrate una Istanza di Accesso Civico Generalizzato (FOIA) richiedendo:

Tutti i documenti di collaudo inerenti gli sviluppi software di applicazioni informatiche inerenti il sistema di Fattura Elettronica divenuto obbligatorio in data 1.1.2019 (SDI).

Tutti i documenti di analisi di sicurezza informatica, specificamente rivolti ad analizzare, verificare eventuali problematiche di sicurezza applicative e/o infrastrutturali relative al servizio di Fattura Elettronica di cui sopra.

L’accesso a questi documenti permetterebbe una analisi esterna dell’architettura nonché l’avvio di una ben più aperta conversazione allo scopo di migliorare questa piattaforma che, pare, accompagnerà l’Italia per molti anni a venire. Il testo completo della richiesta, se siete curiosi, potete leggerlo qui.

Abbiamo deciso di inviare questa richiesta soprattutto alla luce dei molti enti pubblici nel mondo che stanno infatti intraprendendo la via della trasparenza totale: Swiss Post, per esempio, interessata a confermare/verificare la sicurezza del proprio portale di e-voting (voto online), ha pubblicato il codice sorgente della piattaforma e ha invitato esperti ed interessati ad un “Public Intrusion Test”. Non garantirà ai partecipanti solo un safe harbour legale e il diritto di pubblicazione delle loro scoperte, ma offrirà anche una ricompensa economica a chi scoverà delle vulnerabilità.

In settimana però abbiamo ricevuto la risposta da parte dell’AdE, la quale ci comunica che:

…valutata la probabilità e serietà del danno ai correlati interessi, nonché il rischio di pregiudizio ai beni e interessi tutelati dall’ordinamento in rapporto all’interesse conoscitivo del richiedente, l’istanza non viene accolta.

Accesso negato, quindi. Questo appare come un tentativo di mantenere alcune informazioni segrete secondo il principio (ampiamente contestato) di “security through obscurity“: un qualcosa di opposto ad esempi come quello di Swiss Post e delle decine di altri enti pubblici che rilasciano il codice dei loro applicativi sotto licenze Open Source.

Di seguito acuni punti salienti del loro rifiuto (la cui versione integrale è qui):

All’esito della valutazione effettuata, si ritiene che dall’ostensione dei documenti richiesti possa derivare un pregiudizio concreto ai predetti interessi pubblici, rispetto ai quali recede l’interesse del singolo alla conoscibilità dei dati, dei documenti e delle informazioni in possesso della pubblica amministrazione.

I documenti oggetto di richiesta, infatti, contengono informazioni idonee a disvelare l’architettura del sistema di interscambio, anche con riferimento alle caratteristiche di sicurezza dello stesso e alle relative misure progettate e realizzate a protezione del suo funzionamento e dei dati ivi contenuti.

L’accesso a tali documenti, pertanto, risulta concretamente idoneo ad arrecare grave pregiudizio alla salvaguardia dell’interesse patrimoniale dell’Erario.

Sotto altro profilo, occorre rilevare che l’ostensione dei documenti richiesti comprometterebbe, altresì, la sicurezza delle informazioni relative ai sistemi informatici utilizzati nell’ambito del processo di fatturazione elettronica.

I due paragrafi che seguono sono particolarmente interessanti:

Occorre inoltre evidenziare che le finalità per le quali il legislatore riconosce il diritto di accesso civico generalizzato sono quelle “di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

La comunicazione dei documenti richiesti appare evidentemente non pertinente ed eccedente rispetto a tali finalità.

Noi abbiamo infatti richiesto i documenti per verificare l’adeguatezza, la sicurezza e l’architettura di un sistema dal quale dipenderà l’economia di un intero paese (e che tutti noi abbiamo finanziato), sulla base di osservazioni effettuate sul materiale già di pubblico dominio: scopi che sembrano ricalcare parola per parola gli scopi dell’accesso civico generalizzato.

I documenti richiesti sono di carattere prettamente architetturale, informazioni di alto livello che, come è chiaro ad un qualunque esperto di infrastrutture, sono ben lontane dal causare un diretto rischio per la sicurezza o la stabilità di una infrastruttura.

AdE ha nel frattempo emesso un nuovo comunicato in cui sostanzialmente, nuovamente, conferma che il Sistema di Interscambio stia funzionando a dovere. Al comunicato ha però prontamente risposto l’Associazione Nazionale Commercialisti, segnalando qualcosa di diametralmente opposto: in molti casi i tempi di consegna delle fatture non sono rispettati (30 giorni al posto di 5), si riscontrano problemi tecnici di varia natura, e, a conferma di quello che era il più grande timore, iniziano ad emergere problemi intrinseci del protocollo di interscambio.

Quando potremo contare su un livello di trasparenza adeguato per un paese che vuole guardare avanti ed evolversi, e non indietro?

I dubbi sulla tecnologia del Sistema di Interscambio (Fattura Elettronica)

I dubbi sulla tecnologia del Sistema di Interscambio (Fattura Elettronica)

Essendo l’Italia detentrice del Guinness World Record per le catastrofi tecnologiche, dalla Posta Elettronica Certificata (PEC) ai vari down dei siti istituzionali durante elezioni e censimenti, non ho potuto sottrarmi dal dedicare le mie attenzioni a Sistema di Interscambio e Fattura Elettronica.

Tutto è iniziato quando mi sono trovato sommerso nella valanga di commenti negativi di utenti che segnalavano problemi tecnici e di sviluppatori che si lamentavano della complessità di implementazione e del basso livello di qualità delle API del SdI. Dopo aver passato qualche serata a studiarne le specifiche (pubblicate qui), mi sento di condividere i dubbi sulla qualità dell’implementazione, dell’infrastruttura e della gestione di quest’ultimo.

Vi starete chiedendo il perchè, immagino. Le osservazioni più rilevanti, in ordine sparso, sono:

  • Le API si basano su SOAP+XML, uno standard superato dal molto più diffuso REST+JSON. Non si tratta solamente di una questione estetica: l’utilizzo di tecnologie obsolete scarica sugli sviluppatori che devono utilizzare queste API una complessità che non potrà che crescere nel tempo. Utilizzare librerie deprecate o poco supportate e standard non più ampiamente utilizzati significa diventare parte di una nicchia, con svantaggi e problemi facilmente immaginabili.
  • I template WSDL pubblicati contengono URL come http://servizi.fatturapa.it/ e http://www.fatturapa.it/): tutte in chiaro, nessuna traccia di HTTPS. Va detto che un redirect verso HTTPS lo effettuano, ma questo modo di procedere lascia comunque aperti vari scenari di attacco Man in The Middle. Potrebbe trattarsi di semplici segnaposto, ma anche se fosse, per quale motivo diffondere dei template che contengono simili oscenità?
  • Gli endpoint SOAP non sono protetti da una CDN che possa permettere di bloccare flooding e attacchi più sofisticati che malintenzionati potrebbero lanciare contro la piattaforma: si possono solo immaginare gli effetti catastrofici che l’indisponibilità del SdI avrebbe sull’economia dell’intero paese (parlavo giusto qualche giorno fa di come realtà quali Netflix e Spotify siano più resistenti di molte infrastrutture critiche nazionali).
  • I frontend, some se non bastasse, sono tutti all’interno dello stesso range di IP, annunciato da AS33964 (Sogei) a due soli carrier prettamente nazionali, Fastweb e BT Italia.

Sia chiaro: queste scelte potrebbero avere serie motivazioni alle spalle, e non possiamo valutarle come “sbagliate” a priori e dal nostro punto di osservazione esterno. La loro distanza dalla pratica comune però garantisce il diritto, il dovere quasi, di fare delle domande e metterle sotto la lente, per assicurare siano la scelta migliore per tutti noi.

Un tema che è importante discutere è infatti quello della trasparenza (trattasi pur sempre di Pubblica Amministrazione, che lavora con i soldi dei cittadini e per i cittadini). Mentre le segnalazioni di difficoltà e ritardi nell’elaborazione non si fermano (basta fare una ricerca sui social media), ad esempio, l’Agenzia delle Entrate diffonde comunicati stampa in cui sostiene che:

“sul sistema di interscambio sono già transitate quasi un milione e mezzo di fatture elettroniche senza che il partner tecnologico Sogei abbiano (sic.) rilevato alcun problema tecnico”

Il valore di una simile affermazione è nullo se non contestualizzato: non serve a niente sapere quante sono le fatture processate se non sappiamo quante ne sono invece fallite, quante sono quelle emesse lo scorso anno nello stesso periodo con metodo cartaceo, qual è il tempo medio di elaborazione, etc.

Molti interrogativi ma poche risposte, quindi. Per trovarle abbiamo riunito alcuni dei professionisti che si erano espressi sulla piattaforma e inviato sia all’Agenzia delle Entrate che a Sogei una Istanza di Accesso Civico Generalizzato (FOIA), richiedendo copia dei documenti relativi a progettazione, sicurezza e manutenzione del SdI.

L’intenzione, una volta entrati in possesso di questi documenti, è quella di studiarli e avviare un dibattito aperto sui punti sopra espressi e quanto di nuovo dovesse emergere: è responsabilità di tutti noi. Vi terremo aggiornati.

UPDATE: qui trovate la seconda parte di questa odissea.

(per domande, richieste varie o se volete contribuire, potete contattarmi qui o su Twitter)